Sempre più, le comunità locali avvertono il bisogno di consolidare la propria identità territoriale, intesa come il fitto sistema di relazioni tra gli abitanti di un territorio e il territorio stesso (Banini, 2013). L’accessibilità al web e la riduzione del digital divide snelliscono i processi di comunicazione e informazione e ciò consente di accorciare la distanza tra i membri delle comunità, generando l’implementazione di pratiche dal basso. Così il territorio acquisisce un’identità che si fa generatrice di valore. Infatti, “il patrimonio delle comunità è parte di un principio narrativo (in tal senso ha bisogno di narratori)” (Maggioli e Arbore, 2020) e in alcuni contesti territoriali, spesso marginali e/o disagiati, a farsi carico della narrazione sono le cooperative di comunità. Queste agiscono sulla percezione dei luoghi attraverso pratiche sociali, economiche, turistiche, archivistiche, supportando un’idea di territorio nel tentativo di placarne i conflitti.
Alla luce di quanto detto, il presente contributo vuole indagare se la prima cooperativa di comunità costituita in un’aerea urbana in Italia, nello specifico nella periferia romana (Alessandrino, Centocelle e Torre Spaccata), possa essere un mezzo valido per la riqualificazione urbana, per la valorizzazione del paesaggio della periferia stessa attraverso la costruzione di una rappresentazione del territorio diversa da quella narrata da entità slegate dalla realtà in esame.
*Il contributo è a cura di Lisa Scafa e Giovanna Giulia Zavettieri dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società. Pubblicato su “Narrazioni/Narratives” volume delle Memorie Geografiche della Società di Studi Geografici. N. 23 Anno 2023 ISBN 978-88-94690132