di Paolo Felice, Legacoop Friuli Venezia-Giulia
- Una riflessione sul potenziale delle cooperative di comunità nel contesto regionale. A partire da esperienze e ricerche condotte da realtà come Euricse, MISE, AICCON e altri attori del settore, il testo approfondisce il significato politico della cooperazione di comunità, ponendo l’accento sul valore della partecipazione attiva dei cittadini.
- Di seguito viene riportato un estratto dalle conclusioni dello “Studio di fattibilità per lo sviluppo delle cooperative di comunità in Friuli Venezia Giulia”, a cura di Legacoop Sociali Friuli Venezia Giulia in collaborazione con DES – Cooperativa di Comunità e con il sostegno di Coopfond
… La “cooperazione di comunità” costituisce, in primis, una “proposta politica”: il modello delle cooperative di comunità rappresenta infatti una proposta politica del sistema cooperativo in cui i cittadini si auto-organizzano, diventando allo stesso tempo produttori e fruitori di beni e servizi; sono un modello di impresa sostenibile, perché nasce dalla comunità e non ha altro scopo se non quello di migliorare la qualità della vita delle persone che la compongono, attraverso la produzione/fruizione di beni e servizi pensati da chi quella comunità la vive quotidianamente.
Il modello della cooperazione di comunità, quanto mai attuale nel momento in cui il “piano europeo dell’economia sociale” sta prendendo piede in Italia, ha come imprescindibile origine una strategia politica condivisa di rigenerazione territoriale. La capacità di un territorio di rispondere ai cambiamenti sociali, culturali, ambientali ed economici è infatti determinata dalla cooperazione tra i membri della comunità di riferimento in cui elementi quali la partecipazione e il coinvolgimento nella vita sociale, il riconoscimento di valori condivisi, la programmazione culturale e la capacità di visione strategica degli attori locali diventano le caratteristiche essenziali per innescare un reale processo di sviluppo locale.
I legami sociali possono pertanto sostenere l’innovazione e lo sviluppo, anche economico, delle comunità. In una visione di sviluppo fondato sulla comunità di riferimento, lo sviluppo economico è percepito come possibile solo se passa anche attraverso quello sociale e culturale; se non si è convinti di questo elemento, le azioni in campo si esauriranno nel tempo del progetto senza reali ricadute sul territorio.
Se si è interessati al “cosa” e non al “come”, cioè all’obiettivo e non al processo, il rischio di fallimento del percorso imprenditoriale comunitario è molto elevato. Se invece si avvia un processo comune e si condividono risorse umane ed economiche, obiettivi, programmi (non solo progetti), allora ci sarà un futuro più concreto e duraturo.
La proposta politica del sistema cooperativo non può inoltre prescindere da uno sguardo “largo” e competente sulle politiche territoriali a 360°. Le politiche di rigenerazione dei territori devono rientrare in una prospettiva più ampia in cui la regolazione dei rapporti città-montagna è, quindi, un tema generale che riguarda da un lato le politiche di governance multilivello (come ad esempio i comuni montani, loro unioni, i sistemi di valle facenti capo a una città pedemontana, i loro rapporti con le metropoli vicine), dall’altro i mezzi per incrementare e regolare questi rapporti, che non possono essere lasciati solo al mercato, ma devono essere tutelati da strumenti giuridici a sostegno della capacità contrattuale dei sistemi montani stessi.
Occorrono nuovi patti e contratti modellati sulle caratteristiche del policentrismo: patti metromontani e contratti metro-rurali che facciano leva sulle interdipendenze, bisogni, servizi e sinergie tra territori. Un nuovo contratto spaziale tra aree a insediamento urbano e aree montane deve affrancarsi da logiche urbano-centriche e generare valore dal “mutuo riconoscimento” e dall’innovazione istituzionale necessaria per stare al passo con la capacità di aspirazione delle persone-nei-luoghi.
Il coinvolgimento della comunità pretende come prima conseguenza il fatto che la cooperativa dovrebbe essere controllata dai membri della comunità locale tramite forme di governance multistakeholder aperte e partecipate, in modo da garantire la partecipazione attiva e l’inclusione di differenti tipologie di soggetti portatori di diversi interessi; visto inoltre che, dai dati dell’osservatorio Legacoop, emerge che per il 40% dei casi l’età media dei membri del Consiglio di amministrazione delle cooperative di comunità non supera i 40 anni, si ritiene strategico dare continuità e stabilità a questa variabile virtuosa.
Sulla scorta di esperienze analoghe condotte in altri paesi europei (ad esempio, Francia e Regno Unito), sarebbe in tal caso auspicabile che la normativa nazionale sulla cooperazione di comunità puntasse a superare il tradizionale modello di governo dell’impresa cooperativa basato su una sola categoria di soggetti, prevedendo il coinvolgimento nella base sociale di più tipologie di soci per garantire il buon funzionamento dell’impresa e la rappresentanza delle differenti e diverse tipologie di bisogni, di motivazioni e di interessi dei membri della comunità.
Il tema della sostenibilità imprenditoriale è altrettanto centrale nello sviluppo della cooperazione di comunità; se è vero che oltre i 2/3 delle cooperative sono presenti nelle c.d. Aree Interne e se è vero che la sostenibilità di queste imprese comunitarie è frequentemente fragile, è evidente che il carattere imprenditoriale dell’attività deve essere attentamente analizzato.
Strategia e modello di business e sostenibilità economica finanziaria sono pertanto temi centrali nell’evoluzione delle imprese di comunità e nel consolidamento e sviluppo delle cooperative di comunità, con l’obiettivo di cogliere anche le opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e/o da altre fonti di finanziamento. In tal senso il ruolo delle associazioni di categoria e degli strumenti di sistema è assolutamente fondamentale al fine di promuovere percorsi di formazione, tutoraggio, accompagnamento e accelerazione, per aiutare queste esperienze così significative, così emblematiche, così cariche di valore a diventare grandi, mettersi in rete ed estendere il proprio raggio d’azione.
Il coinvolgimento della comunità e la solidità dell’impresa comunitaria pretendono inoltre specifiche competenze professionali, irrinunciabili, in assenza delle quali è a rischio l’azione imprenditoriale. Da questo punto di vista, ritenendo essenziali i ruoli delle associazioni di categoria e degli strumenti di sistema, l’obiettivo primario è il rafforzamento ed estensione dei programmi di formazione continua orientati ad educare le competenze e ad incrementare le capacità gestionali dei soggetti che, a vario titolo, accompagnano lo sviluppo di imprese comunitarie; non di meno, si ritiene importante partire dalle competenze individuali dei cittadini imprenditori e dalle capacità di apportare e generare risorse di diversa natura delle comunità.
La sostenibilità imprenditoriale della cooperazione di comunità può essere in parte garantita anche da un intervento strategico della Pubblica Amministrazione. È importante pertanto promuovere politiche pubbliche che, nel loro insieme, ridefiniscano i fondamentali dello sviluppo locale, implementando di fatto un nuovo approccio alla funzione pubblica e, nello specifico, alla gestione di beni e di servizi di pubblica utilità; da questo punto di vista risulta prioritario ridefinire le modalità di riconoscimento dell’attributo di “interesse collettivo” a beni e servizi che valorizzano positivamente la dimensione coesiva delle comunità locali, anche allo scopo di tutelarne le peculiarità in sede di regime di concorrenza (ad esempio, in quanto SIEG – Servizi Economici di Interesse Generale, ai sensi della normativa europea).
Non di minor rilievo sarebbero specifiche proposte di fiscalità locale di vantaggio temporanea per aree “svantaggiate” (periferie, aree interne), in particolare per quanto riguarda gli incentivi a consumi di beni e servizi che, direttamente e indirettamente, operano a favore della coesione sociale; allo stesso modo sarebbe cruciale la previsione di una dotazione importante di risorse su fondi strutturali regionali e nazionali da dedicare a iniziative di incubazione e sviluppo di imprenditoria comunitaria. …
Fonte: Rivista Impresa Sociale